Quaderni del Pedagogico

La lezione del Novecento (2)

 

 

 

 

 

Autoritarismo

e totalitarismo

nell’Europa

del XX secolo

 

 

 

 

 

 

Lorenzo  Cattoni

 

 

 

 

 

 

Lorenzo Cattoni

 

AUTORITARISMO E TOTALITARISMO NELL’ EUROPA DEL XX SECOLO

Origine e condanna delle dittature totalitarie

 

 Autoritarismo e totalitarismo          

 

1. La politica

1.1. I sistemi politici                              

1.1.1. I sistemi totalitari                   

1.1.2. I sistemi autoritari                  

1.2. Lo stato socialista                          

1.3. Lo stato fascista                            

 

2.    Le origini del totalitarismo           

2.1. L'ascesa dei movimenti totalitari           

2.2. La fine della società classista           

 

3.    L'universo totalitario                 

3.1. Il partito totalitario                         

3.2. Il capo                                               

3.3. La propaganda totalitaria                         

3.4. La polizia segreta                            

3.5. L'apparato statale                             

3.6. I campi di concentramento         

 

4. Il ruolo della menzogna nel totalitarismo  

 

5. La storia                                                

5.1. Lo stalinismo                                 

5.2. Il Fascismo al potere in Italia               

5.3. Dalla repubblica di Weimar alla dittatura nazista

5.4. La dittatura franchista in Spagna         

5.5. La diffusione in Europa dei fascismi    

 

6. Conclusioni                                        

6.1. Contro ogni libertà responsabile                     

6.2. Una resistenza "continua" nei confronti del totalitarismo

 Bibliografia                               

 


 

Prefazione

 

         Questo volume ha un’ambizione: quella di fornire, in modo sintetico, alcuni elementi di valutazione delle società autoritarie che hanno caratterizzato il secolo ventesimo. Sicuramente, fra le molte occasioni di riflessione che il Novecento ci ha messo a disposizione ci sono i tentativi, operati da destra e da sinistra, per dare risposte ai molti e complessi problemi del nostro tempo attraverso l’imposizione di regimi totalitari. La descrizione, per forza di cose sommaria, che qui ne viene fatta consente di leggere uno dei capitoli più drammatici della nostra storia recente da cui, al di là dei giudizi di merito che richiedono altri e importanti approfondimenti, si ricava una lezione chiara e precisa: che alla democrazia non ci sono alternative. La sconfitta del fascismo e del nazismo durante la seconda guerra mondiale (1939-1954) e il crollo del sistema comunista nel 1989 hanno rivelato che è impossibile, nel nostro tempo, disegnare una prospettiva di sviluppo civile per l’intero genere umano senza il contributo della società in tutte le sue espressioni. Libertà, democrazia, pluralismo, giustizia, tolleranza sono, insomma, valori da cui no si può prescindere se si vuole dare soluzione positiva alle questioni che ci stanno davanti.

L’irrompere sulla scena della storia delle grandi masse popolari che rivendicano un protagonismo non di maniera ha marcato l’esigenza di chiudere definitivamente con concezioni autoritarie che si sono rivelate, alla fine, ragione di crisi profonde. La seconda guerra mondiale e in modo particolare la Resistenza hanno dimostrato che solo arricchendo il tessuto democratico è possibile creare le condizioni per risolvere contraddizioni vecchie e nuove, per liberare altre energie, per porsi più avanzati traguardi civili. La partecipazione allora come asse di società democratiche che affidano non a pochi ma a tutti il loro futuro.

 

Milano, aprile 1998

 

L’Istituto didattico pedagogico della Resistenza   

 

 

 

Titoli della collana editoriale

Quaderni del Pedagogico - La lezione del Novecento:

Un secolo carico di tragedie e di speranze, di Orazio Pizzigoni;

Terrorismo e servizi segreti, di Alessia Dimitri;

La Resistenza in Europa, di Catia Spagnolo;

Il significato storico e politico della Resistenza, di AA.VV.;

Sviluppo sostenibile e riorganizzazione del lavoro, di Anita Viola;

Democrazia, partecipazione dei cittadini e ruolo dei partiti politici, di AA.VV.;

L’assunzione di responsabilità universali e il ruolo dell’ONU, di AA.VV.;

Il ruolo della cultura e della scuola in una società democratica, di Lorenzo Cattoni ed Emanuele Marcora;

Aggressività, violenza, razzismo e tolleranza, di Luca Mazzoleni e Cristiano Poletti.

 

 


 

 

 

Nota introduttiva

 

 

         Le dittature totalitarie, nel nostro secolo, si sono diffuse su tutto il territorio del pianeta: la maggior parte dei riferimenti storici, di questo scritto, riguardano la Germania nazista e l'Unione Sovietica solo perché queste due esperienze sono state maggiormente studiate, e da un punto di vista qualitativo sono i regimi totalitari che sono durati più a lungo e hanno coinvolto nella loro perversa politica milioni di persone.

 


  

 

A Manuela         

per il suo aiuto   

e la sua pazienza

 

 


 

 

 

AUTORITARISMO E TOTALITARISMO

 

 

         L'esplosione di dittature sia totalitarie che autoritarie ha caratterizzato il corso della storia del nostro secolo; in ogni angolo del mondo, soprattutto nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, si sono diffusi sistemi politici nei quali pochi detenevano il potere ed era concessa scarsa libertà ai singoli cittadini.

         Questi governi hanno basato gran parte della loro politica sull'uso sistematico della violenza, rivolta, all'interno della nazione, verso tutti coloro che potevano diventare dei nemici, all'esterno, verso tutti gli stati che avevano una matrice politica democratica perché "congiuravano" contro il potere totalitario o autoritario. Così facendo il leader di queste nazioni creava uno stato d'instabilità e di insicurezza permanente che ne determinava la forza.

         In queste nazioni non poteva esistere nessun tipo d'opposizione, era necessaria la completa ortodossia (= retta professione di fede) di tutta la popolazione, e chi osava manifestare pareri differenti veniva eliminato.

         Il singolo cittadino non aveva nessuna libertà, non poteva esprimere il proprio pensiero, era costretto ad essere iscritto sin dalla più tenera età alle file del partito, ogni attività, anche il tempo libero, veniva strettamente regolata dalla volontà dei governanti.

         Nelle pagine che seguiranno si cercherà di mettere in luce quali cause hanno portato all'istaurarsi di tali regimi, descrivendo la situazione della società nel periodo e cercando di capire l'atteggiamento della popolazione nei confronti della vita politica, in modo da poterne trarre un insegnamento determinato dalla necessità che nessun uomo ricada sotto un regime totalitario.

         Il primo passo che compiremo sarà la spiegazione dei termini usati, cercando di comprendere le caratteristiche principali dei sistemi politici autoritari e totalitari (senza dimenticarci che nella realtà non esistono differenze nette ma confini sfumati); in secondo luogo analizzeremo - in maniera agile e schematica - la situazione storica dei diversi paesi coinvolti direttamente in questi fenomeni.[1] Sarà possibile così trarne delle conclusioni utili per imparare dalla storia come comportarci nella nostra vita.


 

 

1. LA POLITICA

 

 

1.1. I sistemi politici.

1.1.1. I sistemi totalitari.

         I sistemi totalitari sono l'estremizzazione della dittatura dispotica, all'interno dei quali non esiste nessuna libertà per i cittadini: in questo sistema di governo il potere è nelle mani di un unico partito che regola tutte le espressioni della vita; ogni associazione sia sportiva, culturale o sociale deve essere sotto il controllo del partito e non esiste alcun confronto tra gruppi diversi.

         Gli storici hanno individuato sei caratteristiche fondamentali del sistema totalitario[2]:

1.   Un'ideologia ufficiale, alla quale viene ricondotta ogni espressione della vita ed è indirizzata alla realizzazione di uno stato finale e perfetto dell'umanità.

2.   Un solo partito di massa guidato da un uomo -il dittatore- che coinvolge nelle sue fila una bassa percentuale della popolazione (10%-20%).

3.   Un controllo di polizia terroristico, rivolto nei confronti di ogni singolo cittadino, ma anche all'interno dello stesso partito.

4.   L'utilizzo e il controllo di tutti i mezzi di comunicazione di massa, grazie anche all'uso delle più avanzate tecnologie e ad una censura estremamente rigida.

5.   Il controllo da parte del partito di tutte le forze armate.

6.   La direzione centralizzata di tutta l'economia del paese.

         Il totalitarismo si è potuto trasformare in realtà solo nel nostro secolo; infatti anche nel passato c'erano state tendenze di questo tipo, ma era sempre mancato l'apporto fondamentale della tecnologia. Il progresso scientifico e tutti i mezzi di comunicazione di massa, per esempio la radio e il cinema, furono utilizzati da parte dei regimi totalitari per impadronirsi del controllo delle opinioni di migliaia di cittadini. Una delle caratteristiche fondamentali del totalitarismo è proprio la pretesa di "identificarsi con l'intera vita dei suoi cittadini";[3] in uno stato di questo tipo non ci può essere alcuna distinzione tra la sfera politica e quella privata, tutto è dovuto al partito che è la nazione, lo stato.

         Il movimento totalitario è rivoluzionario, la sua ideologia è rivolta alla creazione di un nuovo ordine; non si vuole restaurare nessuna situazione precedente, per raggiungere la meta è necessario abbattere completamente la società in tutti i suoi aspetti.

         Un altro elemento importante per la nascita del totalitarismo è la presenza di un leader carismatico, che è fondamentale soprattutto per la presa del potere da parte del movimento totalitario; un volta che il regime è instaurato ed è "maturato" la presenza di un leader eroico è meno necessaria, sebbene vi sia sempre presente un culto della persona. Il capo supremo del regime è dotato di un potere assoluto, è il modello da seguire; egli è direttamente a contatto con l'ideologia che dirige la rivoluzione.

         L'avvicendamento dei capi, che è uno dei problemi fondamentali di ogni dittatura, viene risolto dal sistema totalitario maturo; infatti il partito unico, che è il depositario del potere, studia delle strategie per rendere rapide ed indolori le successioni dei leader. I passaggi di potere meno traumatici si sono rilevati nell'URSS, probabilmente l'unico stato dove il totalitarismo ha percorso tutto il suo itinerario.

         Anche l'ideologia perde valore dopo che il regime ha consolidato il proprio potere; nelle prime fasi infatti i leader si richiamano spesso ad essa, anche se nella maggior parte dei casi in maniera demagogica (Demagogia = modo di accattivarsi il favore del popolo per dominarlo) senza entrare nei particolari, ma col passare del tempo sia le parole che le azioni di chi possiede il potere si allontanano dall'ideologia.

         Il controllo terroristico della polizia non viene mai allentato; anche dopo la completa eliminazione degli oppositori, essa continua ad operare indagando e imprigionando cittadini semplici e perfino alti funzionari del partito. Questo controllo continuo crea una situazione di sospetto - lo ha fatto sia nella Germania nazista che nell'URSS - nella quale nessuno si fida del proprio prossimo, infatti tutti coloro che hanno avuto dei contatti con qualche indiziato possono essere incriminati per complicità. In questa situazione molti erano pronti ad accusare pubblicamente i propri vicini e i propri parenti, anche ingiustamente, per dimostrare la fedeltà al partito ed evitare di essere coinvolti nelle "purghe". Per i nemici dello stato ci sono sempre stati ospedali psichiatrici e campi di concentramento.

         Il regime totalitario usa i mezzi di comunicazione di massa come strumento di propaganda, cerca di assicurarsi la fedeltà dei più noti scrittori ed artisti in modo che essi divengano i cantori del partito; di conseguenza il regime è spietato con gli intellettuali che esprimono idee d'opposizione.

 

 

1.1.2. I sistemi autoritari.

         Nei regimi autoritari sopravvive un pluralismo politico limitato; questo accade perché il movimento che s'impossessa del potere non ha abbastanza forza per scontrarsi e sottomettere tutti i gruppi presenti sul territorio (per esempio le forze armate o la chiesa). Questi, però, non hanno alcuna possibilità di partecipare alle decisioni politiche e non vi è di conseguenza un vero pluralismo politico, non essendoci confronto tra posizioni differenti.

         Lo stato autoritario è guidato da un capo meno carismatico rispetto ai leader totalitari, egli infatti deve essere soprattutto un mediatore, deve sapersi muovere in maniera meno eclatante ed appariscente dando meno pubblicità alle proprie azioni. Il leader "deve il suo ruolo a diversi fattori: all'aver iniziato il processo che ha portato all'instaurazione del sistema autoritario, all'essere spesso espressione dell'istituzione più forte [...], infine alle sue capacità di mediazione";[4] in questi sistemi non vi è alcun culto del leader.

         Il movimento che detiene il potere non è rivoluzionario, il suo intento è quello di ristabilire una situazione precedente; il partito che guida il movimento non ha un'ideologia ma è mosso da un insieme di idee tradizionali, conservatrici; anche il modo di agire del capo si "esercita secondo moduli di routine"[5] in maniera burocratica.

         In questi sistemi la popolazione non viene sottoposta ad uno spietato controllo di polizia, perché il movimento non intende essere la spina dorsale della vita dei cittadini, vuole solamente detenere il potere dividendo la società in vincitori e vinti.

         Il sistema autoritario non riesce, però, ad assicurare una successione tranquilla del proprio capo, che è garantita nei sistemi totalitari dall'esistenza dell'ideologia: il leader è colui che la interpreta  e ne è a stretto contatto, egli dirige il movimento per conto di essa, anche il partito totalitario ha uno stretto contatto con l'ideologia: soprattutto è strutturato per diffondere la "buona novella" nel mondo, e nei suoi ranghi si troverà, senza troppi conflitti, il nuovo "profeta" pronto a dirigere la conquista del mondo. Invece il capo di un movimento autoritario si trova al potere grazie alle sue capacità e difficilmente si potrà trovare, anche tra gli individui a lui vicini, un'altra persona con le medesime qualità.

 

1.2. Lo stato socialista.

 

In queste pagine non intendiamo sostenere che esista una equivalenza tra la teoria politica nazista e quella socialista, perché come ricorda Jean Daniel in una recente intervista: “Questa identificazione è inaccettabile: un giovane non aderisce al nazismo o al comunismo per le stesse ragioni. Per passare dal socialismo utopista a Marx, dalla filosofia del giovane Marx a quella di Marx del Manifesto, da Marx a Engels, da Engels a Lenin e da Lenin a Stalin, sono stati necessari una serie di passaggi, di mostruose evoluzioni... invece Hitler è stato subito Hitler”.

 

         Lo scopo principale di uno stato socialista è la trasformazione radicale della società, l'abolizione di tutti gli steccati di classe, di ogni tipo di privilegio per poter rifondare la comunità sull'eguaglianza di tutti i suoi membri.  Per questo progetto è fondamentale la riduzione della burocrazia e della centralizzazione statale affinché il potere possa essere ridistribuito e diviso nella società.

         La dottrina marxista è il punto di riferimento di ognuno di questi stati; in essi il partito comunista si identifica con lo stato stesso: non possono esistere altri partiti, perché quello comunista ha il compito di guidare la popolazione verso la trasformazione socialista della nazione. La dittatura di partito presente in questi stati li differenzia dalle altre nazioni guidate da partiti d'ispirazione socialista dove la struttura politica è democratica-parlamentare, aperta a diversi contenuti ideologici, mentre nello stato socialista ogni deviazione viene considerata reato.

         Il partito-stato dirige anche l'economia nel tentativo di distruggere quella capitalista sostituendola con una socialista giudicata più equa e giusta.

         L'Unione Sovietica fu il più importante stato socialista, modello e guida di tutti gli altri, ma nel corso degli anni i governanti dovettero man mano allontanarsi dai principî ispiratori: sostituirono alla burocrazia statale quella del partito, rinunciarono all'autogoverno delle masse, trasformando così lo stato socialista in una dittatura del partito comunista.

 

 

1.3. Lo stato fascista.

         Sotto questa definizione gli storici raggruppano un insieme eterogeneo di stati, partendo dall'Italia e dalla Germania, che ebbero esperienze collegate a movimenti fascisti (= movimenti che intendevano realizzare dittature a carattere nazionalistico) con tratti generali assimilabili.

         In ogni stato fascista il potere è detenuto da un dittatore, il capo del partito unico, con poteri eccezionali; la struttura politica è piramidale, il vertice  detiene quasi tutti i poteri, il governo assomma sia quello legislativo che l'esecutivo, mentre la base non ha neppure le principali libertà civili e politiche, ed ogni sorta di pluralismo viene impedita.

         Il fatto che i regimi fascisti siano basati sull'esistenza del partito unico li annovera nella categoria degli stati totalitari; i regimi autoritari si poggiano infatti su di una, seppur minima, pluralità politica.       

         L'economia nello stato fascista rimane capitalista, poiché lo scopo dei suoi governanti non è la creazione di una società democratica (meta degli stati socialisti) ma il rafforzamento politico economico della nazione, raggiungibile attraverso un autoritarismo gerarchico che esalta la funzione delle classi preminenti.

         Si possono notare alcune differenze tra i principali stati fascisti: il movimento italiano mantenne la struttura politica dello stato esistente, infatti Mussolini era il capo del governo, subordinato (anche se solamente formalmente) al re; quello tedesco invece lo mutò: infatti Hitler assunse le cariche, fino ad allora distinte, di capo del governo, presidente dello stato e comandante delle forze armate. In secondo luogo il fascismo italiano considera lo stato come entità suprema e piena realizzazione del movimento, mentre il nazionalsocialismo tedesco utilizzò lo stato come mezzo per la creazione della "comunità popolare ariana" fondata su una base razziale.

 


 

 

2. LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO

 

 

         I movimenti totalitari nel breve arco di tempo che intercorre tra le due guerre mondiali hanno avuto un incredibile successo. Gran parte della popolazione è stata attratta dalla loro propaganda e ha partecipato attivamente al regime, infatti né Hitler "né Stalin avrebbero potuto mantenere il dominio su vaste popolazioni, superare molte crisi interne ed esterne, affrontare gli innumerevoli pericoli delle implacabili lotte intestine se non avessero goduto della fiducia delle masse".[6]

         Per noi il problema da affrontare è quello di capire questo successo irresistibile dei movimenti totalitari per le masse e l'unico modo per farlo è quello di esaminare la situazione sociale dell'Europa del dopoguerra.

         La prima guerra mondiale creò grossi disagi economici per la popolazione: i contadini dovettero abbandonare il loro lavoro per combattere nelle trincee e alla fine delle ostilità volevano essere ripagati dei loro sacrifici; nel corso delle battaglie i governi avevano fatto molte promesse di miglioramento sociale che non avrebbero potuto mantenere (tra cui quella di distribuire la "terra ai contadini").

         La guerra fu disastrosa per la piccola borghesia, perché questa classe perse molto del suo prestigio, vide i suoi patrimoni dileguarsi nel nulla a causa dell'inflazione; i giovani di questo ceto furono arruolati come ufficiali di complemento (= da affiancare ai professionisti) e acquisirono così posti di responsabilità nell'esercito, ma alla fine del conflitto, una volta congedati, non riuscirono a reinserirsi nella società.

         Nel corso delle ostilità alcuni settori industriali (metallurgico, meccanico, chimico e tessile) crebbero a dismisura; gli imprenditori poterono operare in una situazione particolarmente favorevole, infatti tutte le norme del libero mercato non furono rispettate e soprattutto tutti i diritti dei lavoratori furono travolti.

         I salari divennero bassissimi, scioperi e riunioni sindacali furono vietati, i dirigenti impararono a comportarsi in maniera totalitaria, crebbe l'utilizzo di manodopera femminile e minorile sotto pagata. Alla fine della guerra cessarono anche le richieste di produzione e molte di queste industrie dovettero riconvertire gli impianti licenziando in blocco centinaia di lavoratori.

         Le strade delle città europee erano piene di gente in cerca di lavoro, c'erano gli  ex-combattenti e i licenziati dalle fabbriche; nella sola Germania si contarono 5 milioni di disoccupati: in questa situazione aumentò vertiginosamente la criminalità.

         L'inflazione colpiva tutta la popolazione, anche quella occupata perché diminuiva il potere d'acquisto dei salari; in Italia il prezzo del pane era cresciuto di tre volte rispetto a prima della guerra, mentre quello della carne bovina di sei volte. Gran parte della popolazione dell'Europa dell'est era costretta alla quotidiana ricerca di cibo.

         Nel corso degli eventi bellici e negli anni immediatamente successivi solo alcuni gruppi, estremamente ristretti, ebbero profitti altissimi; la situazione economica incoraggiava ogni sorta di speculazione, nella maggior parte dei casi a spese del popolo affamato.

         Le masse che avevano partecipato alla guerra presero coscienza della propria forza e si affacciarono sulla scena politica richiedendo un miglioramento della propria condizione; scoppiarono i conflitti sociali e la soluzione rivoluzionaria, sul modello di quella bolscevica (1917), attrasse gran parte del proletariato. La società risultava divisa tra chi avendo tratto vantaggio dai sistemi autoritari del regime bellico (l'alta borghesia finanziaria e i "pescecani" che fecero affari d'oro con la guerra) voleva prolungarne gli effetti e chi voleva liberarsi da questi sistemi (gli operai e i contadini), perché ne aveva provato la durezza e l'insopportabilità.

         I ceti medi furono spaventati dalla Rivoluzione d'Ottobre, temevano il propagarsi in tutta Europa di sommovimenti bolscevichi, e di conseguenza appoggiarono movimenti politici con caratteri nazionalisti.

         La crisi economica si prolungò fino al 1921, gettando nella miseria migliaia di persone, dopo di che vi fu un miglioramento e la produzione crebbe, ma la situazione dei cittadini non migliorò. La tregua fu molto breve infatti dopo pochi anni, nel 1929, crollò la borsa di New York e fu un disastro economico per l'intero pianeta.

         Tutti questi fattori misero in luce le debolezze dei governi liberali, aggravandone la crisi, che risultò definitiva nei Paesi, come l'Italia e la Germania, in cui la democrazia aveva pochi decenni di storia alle spalle.

 

 

2.1. L'ascesa dei movimenti totalitari.

         Il successo politico dei movimenti totalitari fu possibile grazie ad una serie di fattori, tra i quali fondamentale fu la paura dei ceti medi di un'imminente rivoluzione socialista. I proprietari agricoli, i commercianti, gli impiegati statali temevano fortemente l'avvento di un regime comunista. Essi vedevano tutti i giorni le manifestazioni degli operai e dei contadini e dovevano confrontarsi con le loro richieste di miglioramento delle condizioni lavorative e salariali.

         Gli appartenenti al ceto medio urbano e contadino erano favorevoli ai movimenti politici che si opponessero al socialismo e, nella speranza di un ritorno alla situazione precedente,  li appoggiarono persino nelle azioni violente al di fuori della legalità.

         Anche i militari appoggiarono il diffondersi dei "fascismi" in Europa; i socialisti nelle loro manifestazioni e nei loro programmi si erano sempre proclamati pacifisti e antimilitaristi, quindi l'esercito era deciso ad affrontare questa forza politica per eliminarla.

         Sia il nazismo che il fascismo italiano si servirono dell'opera dei disoccupati, che furono fondamentali per la propaganda e la diffusione delle idee del movimento e per le azioni squadriste (= spedizioni punitive contro gli avversari del partito).

         In Germania il nazismo poté avere l'importante appoggio economico dei circoli monarchici e dei grandi industriali che nutrivano sentimenti di rivalsa nei confronti degli stati vincitori della guerra che stavano opprimendo l'economia.

         Non bisogna inoltre dimenticare che il terreno tedesco era fertile per la propaganda nazista, in quanto le convinzioni del movimento erano diffuse nella popolazione; opere, come quelle di Gobineau e di Chamberlain, che esaltavano la superiorità della razza ariana rispetto a tutte le altre erano lette da gran parte della popolazione tedesca, e la pubblicazione dei Protocolli di Sion (un falso clamoroso), che trattavano di una congiura ebraica in tutto il mondo, fu un enorme successo editoriale che contribuì al diffondersi dell'antisemitismo.  La forza di Hitler e dei suoi collaboratori fu la semplificazione e volgarizzazione di questi messaggi in modo che la massa potesse comprenderli pienamente ed esserne influenzata.

         I nazisti fecero proseliti nel ceto medio contadino e urbano e nel mondo giovanile.

         Anche il fascismo italiano poté godere dell'appoggio finanziario e politico dei ceti medi, in special modo della borghesia agraria, che si vedeva accerchiata dalle richieste dei contadini (miglioramenti salariali, orari di lavoro, assunzioni durature) e dei commercianti, che si vedevano minacciati dall'attività delle cooperative socialiste. 

         Dal 1920, le autorità politiche e militari fornirono armi, munizioni e camion ai fasci di combattimento, per le loro azioni squadriste contro i socialisti. L'apparato statale era per lo più composto da appartenenti alla borghesia e in questa classe era diffuso un profondo odio antioperaio, per questo essa appoggiò le azioni di violenza contro i socialisti: "la reazione fascista fu diretta da un lato a colpire i dirigenti locali del partito socialista e del movimento operaio mediante bastonature, bandi e assassinii in caso di resistenza e dall'altro a distruggere le sedi delle leghe, delle sezioni socialiste e delle cooperative mediante le cosiddette spedizioni punitive. Queste furono effettuate a centinaia. [...] Chiunque tentava di resistere veniva ferito o ucciso, in genere dopo le spedizioni nascevano nuovi fasci nei paesi colpiti".[7]

         Le squadre d'azione erano composte da "giovani (ufficiali di complemento da poco congedati, arditi, ex legionari dannunziani, studenti) animati dalla convinzione che i socialisti fossero da combattere perché antinazionali"[8] e da disoccupati che non avevano altra via per guadagnare qualche lira.

         Anche dei lavoratori si unirono al movimento fascista: ormai erano scontenti e delusi dalle organizzazioni socialiste e si lasciarono attrarre dalla demagogia di Mussolini.

 

 

2.2. La fine della società classista.

         La disgregazione della società classista che avvenne dopo la fine della prima guerra mondiale fu tra le cause del successo dei movimenti totalitari e fu il motivo principale dell'appoggio dato dalla popolazione ai regimi conseguenti[9].

         Tutte le democrazie liberali ottocentesche erano fondate sulla convinzione che la maggior parte dei cittadini partecipasse alla vita politica per lo meno simpatizzando per un particolare partito; la democrazia era possibile perché tutti erano uguali dinanzi alla legge. Ogni cittadino, per far valere questo suo diritto, doveva riconoscersi all'interno di una classe, in un gruppo che difendesse gli interessi comuni.

         Per il sistema democratico parlamentare le masse non contavano nulla perché non esprimevano opinioni, non partecipavano attentamente alla vita politica. "Che la maggioranza del popolo rimanesse esclusa da questa politica come da qualsiasi organizzazione o partito non interessava a nessuno, e ciò valeva per tutte le classi".[10] La maggior parte dei cittadini non si rendeva partecipe alla vita dello stato, lasciava che qualcun altro, appartenente alla stessa classe e politicamente esperto, si interessasse di curare gli interessi di tutti.

         "Questo carattere apolitico della base dello stato nazionale venne in luce quando il sistema classista cadde in rovina provocando la recisione degli innumerevoli fili [...]  che avevano legato il popolo al sistema politico".[11]

         Le maggioranze, alla fine della prima guerra mondiale, divennero una grande massa di scontenti, disperati ed esclusi dalla società: quando si risvegliarono nessun interesse in comune poteva legarli, non vi era niente che le interessasse, neppure la conservazione del proprio io: "all'egocentrismo (nato dalla disgregazione della classe e degli interessi in comune che essa proteggeva -n.d.a.-) si accompagnò [...] molto spesso un indebolimento dell'istinto di autoconservazione".[12]

         Gli appartenenti alla massa erano completamente isolati socialmente, e distaccati dalla realtà concreta. Molto spesso erano propensi a non credere nella loro esperienza quotidiana, erano convinti che tutta la società fosse una finzione, una sovrastruttura. La massa fu affascinata dalla propaganda dei movimenti totalitari perché questa le dava la possibilità di stringere un forte legame  con il partito, che le avrebbe permesso di far parte della storia: la sua vita sarebbe stata spesa per una causa che avrebbe superato i secoli e sistemato il mondo.

         L'esperienza sovietica dimostra come l'esistenza di queste masse di uomini isolati l'uno dall'altro sia necessaria per l'istaurarsi di un regime totalitario: "per trasformare la dittatura rivoluzionaria di Lenin [...], Stalin dovette prima creare artificialmente quella società atomizzata che in Germania per i nazisti era stata preparata dagli avvenimenti storici"[13]. Lenin alla fine della rivoluzione distribuì le terre ai contadini facendone dei piccoli possidenti, creò nuove nazionalità dal nulla: "Lenin puntò subito su tutte le possibili differenziazioni, sociali, nazionali, professionali, capaci di introdurre delle strutture nella popolazione, nella palese convinzione che tale processo stratificatore avrebbe costituito la salvezza del potere rivoluzionario".[14]

         Stalin per trasformare l'Unione sovietica in un regime totalitario  dovette colpire le classi e le nazionalità create dal suo predecessore; dapprima fece una terribile purga contro i possidenti terrieri (i Kulaki), in seguito affrontò persino la burocrazia del partito. In queste continue purghe tutti potevano essere accusati di cospirare contro lo stato, processati ed eliminati. Il semplice rapporto con un inquisito poteva comportare indagini sul proprio conto da parte della spietata polizia politica. Il merito dei cittadini era valutato in base al numero delle denunce presentate contro i propri vicini. La conseguenza di questo regime del terrore fu che nessuno si fidava del proprio prossimo, tutti i legami, persino quelli più stretti, si erano persi. Tutti erano isolati: l'unica ancora di salvezza era il partito, il dittatore.

         Il movimento totalitario dava una spiegazione della vita, giustificava ogni singolo avvenimento e sostituiva per questi uomini, tutti i legami familiari e sociali. Per questo tutti loro lo serviranno fino alla fine arrivando ad accusare se stessi di tradimento per non fermare la realizzazione del piano di sviluppo della rivoluzione, che era stato rivelato solo al leader e al partito, per l'affermazione della razza ariana (nel caso del nazismo), del proletariato (nel caso dello stalinismo).

         La massa è fondamentale per un regime totalitario anche da un punto di vista numerico; sia il movimento che la conseguente dittatura devono dimostrare il loro potere con i numeri, devono avere a disposizione una grande quantità di vite da sacrificare sull'altare della rivoluzione.

 


 

 

3. L'UNIVERSO TOTALITARIO

 

 

         I movimenti totalitari hanno instaurato dei regimi terribili, nei quali regnava la violenza e nessuno - tranne il capo - sapeva come comportarsi per potersi salvare.

          L'ideologia che sta alla base di questi movimenti li trasforma in regimi del sospetto e del terrore. Il partito totalitario, infatti, si considera come il portatore di un nuovo messaggio per la salvezza: bisogna abbattere tutto ciò che esiste nella società e creare un ordine nuovo e forgiare un uomo nuovo, un uomo totalitario.

         Per l'ideologia totalitaria il mondo è diviso nettamente in due grandi fazioni, la prima è quella del bene, rappresentata dal movimento, la seconda è quella del male nella quale confluisce tutto ciò che non è contemplato dal partito.

         Il movimento è sempre in marcia, in moto per la realizzazione della rivoluzione, che si completerà solamente quando tutti i nemici saranno eliminati[15] e tutti gli uomini entusiasticamente avranno aderito alla dottrina di salvezza.

         L'ostilità della società verso il messaggio rivoluzionario fa sì che tra il movimento ed essa si stabilisca una situazione di guerra permanente; cosicché gli aderenti al partito totalitario si sentono parte di un "avanguardia cosciente e attiva di un moto storico che si concluderà con l'istaurazione del Regno finale",[16] circondati da nemici che continuamente cercheranno di impedire la realizzazione del progetto di salvezza.

         I movimenti totalitari sono "organizzati ufficialmente solo come risposta a immaginarie congiure mondiali";[17] questa paura della congiura rimane perfino quando il partito ha conquistato il potere; infatti tutti gli uomini sono potenzialmente dei nemici, persino quelli che fino ad allora si erano entusiasticamente messi al servizio della Rivoluzione, perciò non bisogna mai abbassare la guardia  e non ci si deve mai fidare di nessuno: il regime trova una soluzione a questi problemi grazie ad una struttura complessa, confusa - in cui tutte le funzioni sono per lo meno duplicate - che ad una prima impressione sembra inutile, tramite la quale si protegge.

 

 

3.1. Il partito totalitario.

         La struttura di un partito totalitario è stata paragonata a quelle degli ordini monastici che, come i gesuiti, avevano una struttura disciplinare di tipo militare, perché i suoi componenti devono fare un atto di sacrificio per entrarvi e, da questo momento in poi, saranno completamente a disposizione dei superiori, senza  discussioni; l'individualità di ogni adepto dovrà dissolversi nell'unità complessa del movimento: non c'è differenza tra l'io e il noi in un partito totalitario così come all'interno di un convento.

         Il primo compito che il partito totalitario si prefigge è il diffondere l'ideologia, la sua è una missione di salvezza che deve essere comunicata a tutti gli uomini, l'importante è che la gente cambi le proprie opinioni e abbracci l'ideologia; i mezzi che il partito usa per provocare le conversioni sono la propaganda, l'indottrinamento e il terrore di massa.

         Una caratteristica fondamentale dei partiti totalitari è la natura marziale dei loro ordini, in modo che tutto sia gerarchizzato e che il movimento possa difendersi nei confronti della società ostile e sorda al nuovo messaggio rivoluzionario.

         Data la natura sacra del partito ogni aspetto della vita deve essere controllato ed organizzato dallo stesso, perché solamente il movimento è il bene, il gruppo degli illuminati che combatto le forze tenebrose, mentre tutto ciò che è ad esso esterno è l'errore e il male.

         Il partito totalitario è diviso in diversi fronti, ci sono moltissimi simpatizzanti e pochi membri effettivi: "Hitler fu il primo a delineare una politica diretta a ingrossare di continuo le file dei simpatizzanti tenendo allo stesso tempo limitato il numero dei membri del partito";[18] lo scopo di questa divisione, che può essere ripetuta all'infinito all'interno del movimento, è quello di costruirsi una facciata di normalità, sia per la comunità, che trovandosi a contatto con il fronte dei simpatizzanti (che non sono direttamente a conoscenza dei piani del partito) non può percepire la radicalità dei progetti totalitari (l'abbattimento di tutti gli stati e il dominio mondiale), sia per gli attivisti, i quali crederanno che le strade siano piene di amici, di persone che possono appoggiare il movimento da un momento all'altro. "Tale struttura ha il sostanziale vantaggio di attutire l'urto di uno dei fondamentali dogmi totalitari, quello secondo cui l'umanità è divisa [...] in due campi ostili, uno dei quali è il movimento destinato a combattere il mondo intero. [....] Questo tipo d'organizzazione impedisce che i suoi membri si trovino a diretto contatto col mondo esterno, la cui ostilità rimane per essi un'opposizione meramente ideologica, sottratta all'esperienza reale".[19]

 

 

3.2. Il capo.

         Il capo è la figura fondamentale del movimento totalitario, egli è colui che è direttamente a contatto con le forze cosmiche dell'ideologia, di conseguenza è l'unico interprete possibile del messaggio di salvezza ad essa connesso; il suo potere, sciolto da ogni condizione, non è dovuto alle proprie qualità personali ma al suo essere l'unico "profeta" della potenza che ispira la rivoluzione. Da questa rivelazione nasce anche l'infallibilità del capo, che essendo l'ispirato non può infatti fare delle azioni sbagliate, e ciò che nella contingenza quotidiana può sembrare erroneo, nel corso dei millenni, mostrerà la propria necessità per il successo della rivoluzione.

         Nei suoi confronti tutti hanno un unico dovere: l'obbedienza; egli è il capo supremo e incontestabile, il suo diritto al comando è al di sopra di ogni norma e di ogni legge.

         Il capo mostra la propria infallibilità profetizzando; in questo modo egli può annunciare le proprie intenzioni politiche sotto forma di profezia e, una volta che le ha attuate, mostrare l'esattezza delle sue predizioni.

         è interessante notare che i capi dei due principali regimi totalitari non sono state le persone più potenti del movimento: Hitler era più debole di Röhm, così come Stalin nei confronti di Troskij, erano i secondi ad avere il comando delle forze militari, Röhm era a capo delle S.A. e Troskij reggeva le redini dell'armata rossa e godeva dell'appoggio del popolo. Il capo, nel totalitarismo, deve la propria posizione alla capacità di muoversi negli intrighi, nella capacità di sfruttare a proprio favore ogni particolare, ogni lotta intestina e non all'uso della forza bruta. I dittatori nei regimi assoluti prendono il potere con la forza, i capi totalitari con l'astuzia.

         Nei regimi totalitari ogni individualità personale si dissolve nel complesso del movimento, in questo modo nessuno è responsabile delle proprie azioni, in quanto ognuno agisce nel nome del partito, del capo. Il führer è la legge, egli stabilisce di volta in volta come agire e si carica di ogni responsabilità: "la completa identificazione del capo con ogni subalterno e il monopolio della responsabilità per qualsiasi azione sono i segni più vistosi della profonda differenza esistente fra un capo totalitario e un comune dittatore o despota. Un tiranno non si identificherebbe mai coi suoi subordinati, men che meno con le loro azioni; li userebbe come capri espiatori, facendoli criticare all'occorrenza per salvare se stesso dalla collera popolare".[20] 

         Il capo è l'unico che può spiegare cosa sta accadendo, ha il monopolio della decisione; per questo egli è "insostituibile perché senza i suoi ordini la complicata struttura del movimento perderebbe ogni ragion d'essere e crollerebbe".[21]

         Al di fuori della volontà del capo non ci sono, in una società totalitaria, zone sicure, egli deve apparire come l'unica ancora di salvezza, l'unica autorità rassicurante presente in un mondo confuso e insicuro. "Tutto ciò si spiega solo se si tiene presente che la  leadership carismatica emerge quando è in atto una crisi di straordinaria intensità e vissuta come una catastrofe incombente. Allora il capo è considerato dalla comunità come l'unico uomo capace di indicare la via della salvezza [...]. Pertanto è l'intensità della crisi che produce l'intenso bisogno di una guida carismatica. Ma ciò porta spontaneamente il capo carismatico a rendere permanente lo stato di emergenza per potere continuare ad esercitare gli straordinari poteri [...] e legittimarli di fronte all'opinione pubblica. Di qui il bisogno che lo Stato totalitario ha di alimentare nelle masse la credenza che la società è in uno stato di pericolo";[22] l'unica via d'uscita è quella di affidarsi ciecamente al capo profeta dell'ideologia di salvezza.

 

 

3.3. La propaganda totalitaria.

         La propaganda è un mezzo necessario per il regime totalitario, poiché in primo luogo è solo tramite il suo utilizzo che si può diffondere il messaggio ideologico, e in secondo luogo, si può cercare di legittimare il proprio potere.

         Il regime totalitario appare per la maggior parte della popolazione un regime illegittimo, prodotto da un'usurpazione, il partito si è posto in uno stato di guerra permanente nei confronti del vecchio ordine, lo vuole radere al suolo per istaurarne uno completamente nuovo; di conseguenza tutti coloro che, per diversi motivi, rimangono ancorati alla tradizione devono cambiare opinione, quindi vanno indottrinati.

         Per questo il movimento totalitario si trasforma in una grande agenzia pedagogica; gli attivisti dovranno essere dei persuasori permanenti in modo da suscitare l'impegno e la partecipazione di tutti i cittadini, dovranno criticare aspramente l'ordine precedente mettendone continuamente in luce i difetti, dovranno difendere ed esaltare i valori e i fini della rivoluzione.

         Le masse vanno rieducate, è necessario che le menti degli uomini siano ripulite dalle vecchie idee e siano completamente libere e pronte ad accettare il messaggio totalitario; l'indottrinamento serve a creare un uomo nuovo, sradicato dalla vecchia cultura, dalle vecchie abitudini e dalla vecchia politica.

         Ogni mezzo è lecito per far convertire tutti gli uomini, per i più resistenti sarà utilizzato il lavaggio del cervello, tramite il quale si disintegra "la sua personalità fino a farla aggrappare, come a un'unica tavola di salvezza, alla fede che gli si vuole inculcare".[23]

         Le giovani generazioni vanno indottrinate, è più semplice avvicinarle all'ideologia rivoluzionaria; fin dalla più tenera età queste vengono inquadrate in associazioni del partito, a scuola e nella vita incontrano solo messaggi favorevoli al regime totalitario, vengono fatti crescere a pane e menzogne totalitarie.

         La propaganda totalitaria, per ottenere i suoi scopi, deve eliminare ogni contro messaggio, ogni singola voce che sostenga verità differenti da quelle accettate come tali dal regime non deve avere possibilità di espressione. Solo così il regime stalinista poteva sostenere, per esempio, che la metropolitana di Mosca fosse l'unica al mondo.

         Il punto di forza della propaganda totalitaria è quello di essere riuscita a perfezionare e a  sfruttare i temi già preparati dallo scientismo del positivismo (tutti i fatti sono prevedibili scientificamente), dalla disintegrazione dello stato nazionale, dalla comparsa delle masse nella scena politica. Essi seppero utilizzare ogni mezzo tecnico esistente per i loro scopi: la radio, il cinema, i giornali, i manifesti pubblicitari, gli eventi sportivi.

         "Prima di conquistare il potere [...] i movimenti totalitari evocano un mondo menzognero di coerenza che meglio della realtà risponde ai bisogni della mente umana".[24] Le masse, che non accettano la casualità degli avvenimenti, che non credono alla realtà che si presenta ai loro sensi, perché appare illogica e senza senso, e che devono dare una spiegazione coerente a tutto ciò che accade, si ritrovano in questa propaganda e così si allontanano sempre più dal mondo reale abbracciando la fede totalitaria.

 

 

3.4. La polizia segreta.

         Il ruolo della polizia segreta è d'importanza fondamentale per il regime totalitario; essa, infatti, detiene il potere esecutivo e, in particolare, "gestisce il processo di purificazione permanente"[25]  dell'intera società. La polizia segreta ha il compito di sorvegliare tutti, persino i membri del partito: "la categoria dei sospetti abbraccia l'intera popolazione [...]. A causa della loro capacità di pensare gli uomini sono sospetti per definizione, e l'ombra non può essere dissipata da un contegno esemplare, perché la capacità umana di pensare implica altresì la capacità di cambiare opinione".[26]

         Il terrore di massa, tipico dei regimi totalitari, nasce da quest'opera di purificazione, tramite la quale il popolo è continuamente sottoposto a controlli capillari, molti cittadini cadono nella rete dei processi, alcuni scompaiono senza lasciare il minimo segno della propria esistenza, altri vengono internati nei campi di concentramento. Il terrore "ha anche una funzione pedagogica, poiché, colpendo spietatamente i pochi, si corregge il modo di pensare e di sentire dei molti. [...] É una pratica 'esemplare': è un ammonimento rivolto a tutti - anche, e forse soprattutto, ai militanti - affinché essi non riducano il loro attivismo e la loro dedizione".[27]

         L'opera di pulizia sociale si sviluppa in tre fasi: in un primo momento il regime elimina i veri oppositori, nella seconda fase viene combattuto spietatamente il "nemico oggettivo" (= gli ebrei, i trotzkisti, i polacchi, etc.) ed infine - nell'ultima fase - le eliminazioni sono del tutto casuali.

         L'eliminazione fisica dei veri oppositori è una caratteristica presente in tutti i regimi dispotici, le altre due fasi dell'epurazione sono tipiche dei movimenti totalitari.

         L'esistenza di un nemico oggettivo è uno dei fondamenti sui quali si basa il totalitarismo; questo nemico è "un portatore di tendenze negative," che "corrompe la società"[28] e di conseguenza va eliminato: è necessario scandagliare l'intero corpo sociale per identificare ogni germe del male, isolarlo e rimuoverlo per evitare il contagio.

         I cittadini non vengono arrestati dalla polizia segreta perché sospettati di commettere reati, molto spesso vengono incriminati di "delitto possibile": "la presunzione centrale del totalitarismo secondo cui tutto è possibile conduce così, attraverso la sistematica eliminazione di ogni controllo fattuale, all'assurda e terribile conseguenza che qualsiasi delitto costituito per via di ragionamento deve essere punito, a prescindere dal fatto che sia  stato o no realmente commesso".[29]

         Il capo totalitario, grazie a quest'assunzione, può decidere a tavolino l'eliminazione di larghi strati della popolazione, può rivoluzionare continuamente i vertici del partito e dello stato; i servizi segreti, infatti, eseguono le epurazioni solo dopo un esplicito comando dell'autorità politica.

         "Nell'ultima fase [...] del sistema vengono abbandonati i concetti di nemico oggettivo e di delitto logicamente possibile: le vittime vengono scelte completamente a caso e, senza alcuna accusa, dichiarate indegne di vivere".[30] A questo punto ogni libertà personale viene cancellata, il cittadino è ucciso senza condanna: la sua unica colpa è quella di vivere, di respirare. Secondo il regime totalitario il mondo è abitato da un alto numero di persone "indesiderabili", inutili che devono sparire senza lasciar traccia dalla faccia della terra.

         La polizia segreta è l'organismo che ha il potere di compiere tutte queste operazioni, è il controllore della società, l'agenzia che analizza continuamente la purezza di tutti i cittadini, elimina "chirurgicamente" il nemico e altera il passato; infatti nei regimi totalitari non si muore, ci si dilegua nel nulla. Il regime, quando possiede il comando di tutti i mezzi di comunicazione e di tutte le agenzie scientifiche, può persino alterare a proprio favore gli eventi storici. Il passato deve mostrare che lo scomparso - persino un ex attivista o un personaggio di primo piano del movimento - sia sempre stato ostile all'affermarsi dell'ordine nuovo.[31]

         L'organizzazione della polizia segreta è estremamente complessa: le sue ramificazioni devono coprire ogni aspetto della vita del paese; inoltre gli stessi agenti dovranno essere controllati da altri poliziotti, dipendenti da agenzie diverse di spionaggio, e spesso anche inconsapevoli di dover verificare la fedeltà dei colleghi, oltre che quella dei semplici cittadini.

         Il potere della polizia segreta in uno stato totalitario è enorme, il suo capo supremo è, dopo il leader, l'uomo più influente di tutto il regime; ma l'attività dei corpi di spionaggio è soprattutto quella di eseguire gli ordini e far sparire i nemici del regime: "la polizia totalitaria non ha il compito di scoprire gli autori di delitti, ma quello di essere pronta quando il governo decide di arrestare una certa categoria della popolazione".[32]

         La funzione politica dei servizi di spionaggio è importantissima, essendo ciò che permette al capo del regime di avere un effettivo potere diretto nei confronti dell'intera popolazione; "mediante la rete di agenti segreti il dittatore totalitario dispone di una 'cinghia di trasmissione' direttamente esecutiva, [...] separata e isolata dalle altre istituzioni. In tal senso, gli agenti della polizia segreta formano l'unico strato dominante nei paesi totalitari; tanto che i loro princìpi e la loro scala di valori permeano l'intero tessuto della società".[33]

 

 

3.5. L'apparato statale.

         In un regime totalitario l'apparato statale diventa una gigantesca macchina burocratica: non appena il movimento arriva al potere tutti i ruoli di comando della nazione, i ministeri, le segreterie vengono raddoppiati con istituzioni con uguali poteri nati e cresciuti all'interno del partito, di conseguenza il numero dei funzionari si moltiplica a dismisura.

         La burocrazia è il fulcro sul quale ogni cosa si deve muovere, la società diviene fortemente rigida e accentrata: ogni libera iniziativa viene eliminata, tutto deve essere deciso dal movimento. "Ne risulta una società 'ordinata', vale a dire una società rigidamente gerarchizzata, simile a un gigantesco ministero o a una caserma di proporzioni macroscopiche. Ma forse l'immagine che serve meglio di tutte a rappresentare [...] la società totalitaria è quella del convento militarizzato: un convento, perché in essa tutti gli individui devono dimostrare di essere dei credenti; militarizzato, poiché ogni membro della comunità è concepito come un soldato della guerra rivoluzionaria".[34]

         L'apparato statale è riuscito solo nell'Unione Sovietica (grazie alla matrice ideologica socialista) ad assicurarsi il monopolio di tutti i mezzi che regolano la vita sociale: quelli di coercizione, di persuasione e di produzione.

         Il regime fascista e quello nazista riuscirono comunque ad assicurarsi il controllo dell'economia sfruttando a loro vantaggio l'iniziale appoggio che gli esponenti del capitalismo offrirono ai loro movimenti.

         Una volta che il potere economico è in mano a quello politico la situazione per la popolazione diviene insostenibile: infatti si passa da una situazione libera, con un regime di concorrenza, ad un potere dal quale non si può sfuggire: "il  potere economico esercitato in un regime di concorrenza non può mai essere un potere esclusivo e completo; esso di fatto è contrastato da numerosi contro-poteri, quali i sindacati, i partiti, i mass-media e la stessa opinione pubblica. [...] Per contro, in un sistema totalitario in cui sia stata istituita l'economia di comando la società civile è schiavizzata, esattamente nella misura in cui lo Stato è l'unico ed esclusivo proprietario dei mezzi di produzione".[35]

 

 

3.6. I campi di concentramento.

          I campi di concentramento sono l'aspetto più angosciante e terribile di ogni regime totalitario: le immagini girate dai militari americani, quelle girate dai nazisti, i racconti degli ex-internati ci descrivono delle situazioni da incubo, al limite della credibilità. In questi centri si sono consumate tutte le più atroci violenze mai commesse nei confronti del genere umano: nei campi di concentramento la violenza bruta, il sadismo, la follia omicida (delitti comunque commessi) sono stati superati.

         La pretesa fondamentale del totalitarismo di dominare tutti gli uomini, organizzandoli "nella loro infinità pluralità e diversità come se tutti insieme costituissero un unico individuo, è possibile soltanto se ogni persona viene ridotta a un'immutabile identità di reazioni",[36] l'uomo deve trasformarsi in un automa, senza pensiero, che risponde agli stimoli (in questo caso gli ordini del dittatore totalitario).

         I campi di concentramento sono dei giganteschi laboratori per la creazione di quest'uomo, il cittadino perfetto del regime totalitario, il loro scopo è "di fabbricare qualcosa che non esiste, cioè un tipo umani simile agli animali, la cui unica 'libertà' consisterebbe nel 'preservare la specie' ".[37]

         La piena e vera realizzazione della rivoluzione totalitaria è quella che si realizza nei Lager, che sono l'istituzione centrale del potere totalitario, dove migliaia di uomini perdono la propria identità, la propria forza psicologica, smarriscono persino il senso dell'io. Le atrocità e le continue umiliazioni che gli internati sono costretti a subire li portano a diventare "sinistre marionette con volti umani"[38] che reagiscono istintivamente agli stimoli, non discutono più, non hanno spontaneità, hanno perso tutte le caratteristiche dell'essere umano.

         "L'esperienza dei campi di concentramento dimostra che gli uomini possono essere trasformati in esemplari dell'animale umano, e che la 'natura' è 'umana' soltanto nella misura in cui si schiude all'uomo la possibilità di diventare qualcosa di estremamente innaturale, cioè un uomo".[39]

          Molto spesso gli internati non avevano commesso alcun delitto, non facevano neppure parte delle categorie di "nemici oggettivi" del regime; venivano deportati e costretti a scomparire dalla faccia della terra senza alcuna motivazione plausibile: nell'Unione Sovietica vennero portate nei campi di concentramento intere popolazioni.

         L'internato viene sradicato da tutte le sue abitudini di vita, spogliato della propria dignità e personalità e si trova in "una condizione in cui vengono impedite con altrettanta efficacia sia la morte che la vita",[40] tutto quello che lo riguarda si cancella: anche il suo ricordo, nelle menti dei parenti e degli amici, deve scomparire nel momento in cui viene portato nel lager.

         Le immagini terribili prodotte in ogni tempo delle pene infernali si sono materializzate in tutta la loro crudele e disperata realtà nei campi di concentramento, ma il giudizio universale divino colpisce solo i colpevoli, quello totalitario colpisce tutti senza alcuna distinzione.


 

 

4. IL RUOLO DELLA MENZOGNA NEL TOTALITARISMO

 

         Il regime totalitario è fondato sulla menzogna, sull'inganno; i leader totalitari sono saliti al potere promettendo di sistemare la situazione politica della nazione: le loro intenzioni, invece, erano ben diverse. Essi intendevano creare uno stato d'instabilità permanente nel quale avrebbero sempre potuto godere di poteri illimitati.

         I regimi totalitari hanno sempre sostenuto che la sola verità era quella ufficiale,[41] i fatti accaduti erano solo quelli raccontati dal governo. "Nelle loro pubblicazioni (anche in quelle così dette scientifiche), nei loro discorsi e, naturalmente, nella loro propaganda, i rappresentanti dei regimi totalitari si occupano molto poco della verità oggettiva. Più forti di Dio onnipotente, essi trasformano a modo loro il presente, ed anche il passato".[42]

         La menzogna è un'arma, serve per difendersi, per nascondere le proprie intenzioni ai nemici; essa "non è raccomandata nelle relazioni pacifiche"[43] ma è utilissima nelle situazioni di lotta, nella guerra. I dittatori totalitari hanno usato sapientemente quest'arma, hanno costantemente ingannato i cittadini e i governanti degli altri stati: "l'uomo totalitario [...] trasuda menzogna, la respira le è sottomesso in ogni istante della sua vita".[44]

         Nel mondo totalitario lo stato di guerra è costante, gli adepti del partito si sentono sempre circondati dai nemici, per questo si comportano come i membri delle società segrete: devono mantenere nascoste le loro vere intenzioni in modo da poter compiere la propria missione. I partiti totalitari divengono così delle cospirazioni in piena luce, che per potersi mantenere devono costantemente ricorrere alla menzogna.

         Ogni parola detta dal capo era un inganno, anche quando egli comunicava al mondo intero le sue vere intenzioni - Hitler le aveva persino  pubblicate - sapeva di poterlo fare perché "dicendo la verità era sicuro d'ingannare ed eludere la vigilanza dei suoi stessi avversari".[45] Le intenzioni dei regimi totalitari sembravano assurde ed irrealizzabili, il mondo democratico non vi dava peso perché le interpretava come le parole di un povero pazzo.

         Per l'ideologia totalitaria l'inganno era possibile perché secondo loro la ragione non era una facoltà posseduta da tutti gli uomini, ma solo da alcuni - gli appartenenti alla razza o i teorici della lotta di classe - che, di conseguenza, hanno la possibilità di pensare e di agire con la propria testa; gli altri dispongono solo della parola, il linguaggio ma non la ragione, per questo essi bevono ogni cosa venga loro raccontata: "la massa [...] non sa pensare, né volere. non sa che obbedire e credere. Essa crede a tutto ciò che le si dice. Purché glielo si dica con insistenza, purché si lusinghino le sue passioni, i suoi odi, le sue paure. [...] Più si mente grossolanamente [...] meglio si sarà creduti e seguiti".[46]

         Gli uomini nell'universo totalitario si dividono in due grandi categorie: gli appartenenti alle élite del movimento, i veri uomini che devono imporsi in tutto il mondo e comandare,  e tutti gli altri, i quali, non avendo la capacità di pensare, devono solo obbedire, devono trasformarsi in automi che agiscono - anche contro la propria sopravvivenza - solo dopo un comando dato dal movimento totalitario.

         "Gli iniziati [...] per una specie di sapere intuitivo e diretto - conoscono il pensiero intimo e profondo del capo, i fini segreti e reali del movimento. Così non sono per nulla turbati dalle contraddizioni e inconsistenze delle sue asserzioni pubbliche: sanno che hanno per obbiettivo di indurre in errore le masse, gli avversari, gli 'altri' e ammirano il capo che maneggia e pratica così bene la menzogna".[47]

         Nel regime totalitario la verità diviene menzogna, e la menzogna è verità.


 

 

5. LA STORIA

 

 

5.1. Lo stalinismo.[48]

         Stalin prese il potere nell'URSS dopo la morte di Lenin (gennaio 1924); per ottenere la carica dovette fronteggiare la rivalità di Troskij, il quale sosteneva la necessità di diffondere la rivoluzione in tutto il mondo per distruggere il capitalismo, convinto che il socialismo sovietico isolato non potesse essere autosufficiente. Stalin fece prevalere la propria linea politica, il "socialismo in un solo paese", e costrinse l'avversario all'esilio.

         Una volta liquidate le opposizioni di Troskij e di Bucharin, Stalin poté applicare la propria politica economica (abbandonando l'apertura liberale, promossa da Lenin con la N.E.P.) fortemente collettivizzata e completamente nelle mani dello stato. Egli era convinto che per promuovere il socialismo in un solo paese fossero necessari lo sviluppo massiccio dell'industria e l'eliminazione completa della classe dei contadini possidenti (Kulaki).

         Promosse quindi diversi piani quinquennali nei quali programmò lo sviluppo nei minimi particolari; questi piani dal punto di vista industriale furono un successo, poiché, in un momento di grave crisi economica mondiale, l'Unione Sovietica divenne una delle maggiori potenze industriali.

         La politica agricola invece fu un disastro: i kulaki furono completamente eliminati (uccisi o deportati), ma le fattorie collettive non furono produttive e soprattutto non riuscirono a pareggiare le perdite subite dalle campagne (in termini di produzione e numero di capi) nel periodo dello scontro con i contadini possidenti.

         Stalin trasformò anche il partito: le cariche furono stabilite dall'alto della gerarchia, ogni fermento di democrazia socialista venne represso duramente, il risultato fu un sistema dittatoriale fondato sul potere personale di Stalin.

         L'intero Paese fu sconvolto, dal 1935 al 1938, da continue ondate di purghe, nelle quali vennero posti sotto accusa, incarcerati, deportati ed uccisi tutti gli avversari politici, ufficiali dell'esercito rosso, semplici cittadini. I metodi polizieschi erano volti all'eliminazione di ogni dissenso e molto spesso i condannati erano costretti ad autoaccusarsi con confessioni prefabbricate o estorte dalla stessa polizia: processi e condanne a morte senza la minima parvenza di legalità furono sempre all'ordine del giorno nel regime staliniano e almeno otto milioni[49] di persone furono internate in campi di lavoro coatti (erano così chiamati i campi di concentramento).

         Secondo Moshe Lewin sono tre i fattori che "sembrano aver giocato un ruolo determinante nella nascita del fenomeno stalinista [...]: 1) lo scardinamento delle strutture sociali e la fluidità creata dalla spinta industrializzazione e dai metodi con cui fu portata avanti; 2) le caratteristiche della nuova e proliferante burocrazia, un ceto allora assai instancabile e privo di una precisa coscienza di sé; 3) le tradizioni storiche e culturali del paese, in particolare quelle rappresentate dai contadini. Questi tre fattori, sotto l'impulso di uno sviluppo industriale frettoloso quanto frenetico, cominciarono a spingere nella medesima direzione, e cioè verso l'esaltazione della potenza dello stato, che si trasformò in seguito in quella vera e propria statolatria che doveva essere una delle caratteristiche basilari del nuovo sistema.  Il diffuso senso d'insicurezza provato dagli apparati, che non risparmiava i loro livelli superiori, spinse molti dei loro rappresentanti a cercare un sostegno nei pretesi simboli di stabilità del sistema, il segretario generale e il suo 'culto' e quindi farsene paladini".[50]

 

 

I FATTI

1924

24 gennaio         Morte di Lenin

1925  Al congresso viene proposta da Stalin la pianificazione dell'industria, si levano diverse voci di dissenso tra cui quella di Bucharin.

1927  Troskij e i suoi sostenitori vengono espulsi dal partito comunista.

1928  Viene messo in atto il primo piano quinquennale per lo sviluppo dell'industria e la collettivizzazione dell'agricoltura.

1929  I kulaki avversano la collettivizzazione agricola e la sabotano uccidendo migliaia di animali e distruggendo le colture.

         Bucharin viene espulso dal partito.

1930  Inizia l'eliminazione radicale della classe dei kulaki.

1934  Viene assassinato Kirov, presidente del Soviet di Leningrado: il terrore staliniano colpisce anche i membri del partito.

1936         Zinov'ev e Kamenev, dopo un processo-farsa, vengono condannati a morte.

1938  Viene processato e fucilato Bucharin.

1940  Un agente sovietico uccide Troskij in Messico.

 

 

5.2. Il fascismo al potere in Italia.

         Il movimento dei Fasci di combattimento nasce a Milano il 13 marzo 1919; il processo che porta alla dittatura di Mussolini comincia l'anno dopo, in seguito all'accordo tra Giolitti e Mussolini per la soluzione della questione di Fiume,[51] che permette al leader dei fascisti di "iniziare a portare avanti una duplice azione mirante sia ad inserire il movimento fascista nel blocco antisocialista [...], sia a scatenare [...] la reazione squadristica contro il partito socialista, contro le organizzazioni operaie e contadine guidate dai socialisti e poi anche contro quelle guidate dai popolari".[52]

         Nel corso del 1920 il fascismo si trasforma da movimento urbano in un grande movimento agrario dotato di un'enorme forza esplosiva: è la piccola e grande borghesia agraria (che aveva dovuto cedere alle richieste di miglioramenti contrattuali dei braccianti organizzati nelle leghe e nelle cooperative socialiste e popolari) ad appoggiare sia economicamente che politicamente l'azione del fascismo. Da questo momento in poi le violenze delle squadriglie si moltiplicano, colpiscono - anche preventivamente - ogni organizzazione avversaria. Le azioni non sono represse dallo stato perché la burocrazia, l'esercito, la magistratura e la polizia sono decisamente ostili ai movimenti operai e, come la borghesia agraria, temono lo scoppio di un'insurrezione bolscevica.

         I politici, e in special modo Giolitti, favoriscono l'ascesa del fascismo al potere per un grosso errore di valutazione: pensano di poter utilizzare questo movimento di destra per combattere ed arginare il partito socialista e le sue richieste: "Giolitti credette di poter ripetere col fascismo ciò che gli era riuscito in parte nel primo quindicennio del secolo con i socialisti: spezzarne lo slancio rivoluzionario. [...] Il fascismo è misurato e valutato secondo gli antiquati criteri di giudizio dei partiti e delle forze politiche del passato. [...] Nel 1921-22, dunque, chi valuta il fascismo in base alle vecchie formule della lotta politica e parlamentare, può ancora credere alla possibilità di blandirlo, di servirsene, di affidargli la parte d'aiutante, salvo sbarazzarsene in seguito. Ma proprio qui sta il fondamentale errore di valutazione. Il fascismo non è una forza politica vecchio stile. i suoi principî - ammesso che ne abbia - non hanno nulla in comune con quelli che fino ad allora avevano regolato il giuoco politico. La legalità degli atti non lo preoccupa; la libertà, la salvaguardia del Parlamento, tutti i vecchi principî dello stato liberale gli sono estranei".[53] In seguito i politici liberali si accorgeranno del grosso errore di valutazione che avevano commesso; lo stesso Giolitti, nelle discussioni parlamentari, si pronuncerà contro il fascismo, ma ormai, sarà troppo tardi: il movimento si è trasformato in partito, è entrato in parlamento e, in seguito alla cosiddetta "marcia su Roma",[54] Mussolini è già divenuto capo del governo.

         Dall'ottobre del 1922 tutte le azioni politiche di Mussolini sono volte all'istaurazione di un regime totalitario: viene promulgata una nuova legge elettorale nel 1923 di tipo maggioritario;[55] e dopo il delitto Matteotti (10 giugno 1924) si apre il periodo che Chabod chiama "la dittatura vera e propria": "il 3 gennaio 1925, Mussolini tiene alla camera il discorso [...] in cui dichiara fra l'altro [...]: 'assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto'. [...] Tutto il potere passa al fascismo. Si giunge alle leggi 'fascistissime', cioè alla dittatura che ormai non teme più di esporsi sul piano formale".[56] Da questo momento in poi il parlamento viene esautorato da ogni sua funzione: "l'articolo 6 della legge è molto chiaro: non si potrà porre nessuna questione all'ordine del giorno del Parlamento senza previa autorizzazione del capo del governo. É la fine della discussione parlamentare come necessario fondamento della vita d'un governo. Ogni dibattito politico può essere così evitato".[57]

         In seguito viene abolita la libertà di stampa, i vecchi partiti sciolti; nasce un tribunale per la difesa dello stato, "che dovrà giudicare i cosiddetti reati politici. É un tribunale che funzionerà con molta durezza. Le condanne anche nei casi meno gravi colpiscono pesantemente coloro che vengono accusati di complotto contro la sovranità dello Stato, cioè gli antifascisti".[58]

         Il 13 gennaio 1923 è istituita la "milizia volontaria per la sicurezza nazionale", corpo paramilitare vengono inseriti gli uomini delle squadre d'azione del periodo pregovernativo; le camicie nere, nonostante il giuramento di fedeltà al re, sono sempre agli ordini di Mussolini. "Siamo così di fronte ad uno degli elementi più caratteristici della differenza fra le dittature del XX secolo e quelle del XIX; non si dimentichi, infatti, che la stessa cosa accadrà in Germania, dove, accanto alla Wehrmacht, sorgeranno le SS. Le leggi restrittive della libertà di stampa non sono una novità. Neppure la condanna all'esilio dei propri avversari politici rappresenta una novità. La vera novità è costituita dal fatto che, mentre le dittature del XIX secolo facevano appello all'esercito regolare e compivano il 'colpo di Stato' con il suo appoggio, quelle del XX secolo, fascista o nazista, si impadroniscono del potere grazie ad una propria organizzazione militare, specialmente approntata e destinata a conservarsi accanto all'esercito regolare".[59]

         Mussolini, così come Hitler, si serve di tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere il consenso degli italiani: una martellante campagna di stampa e cinematografica porta alla diseducazione politica del popolo italiano, in modo che tutti divengano favorevoli al regime e pronti ad obbedire ciecamente ad ogni ordine.

         Non bisogna dimenticare la firma dei "Patti lateranensi" (11 febbraio 1929): con questo accordo stipulato con la Santa Sede Mussolini si assicura i favori della gran parte dei cattolici italiani.

 

 

I FATTI

1919

23 marzo         Mussolini fonda i Fasci di combattimento

15 aprile         Le squadriglie fasciste compiono la prima "impresa": danno fuoco alla sede milanese del quotidiano socialista Avanti!.

12 settembre         D'Annunzio con un gruppo di ex-combattenti occupa la città di Fiume.

1920

12 novembre         Giolitti firma il trattato di Rapallo, viene risolta politicamente la questione dell'Istria, della Dalmazia e della città di Fiume.

                  D'Annunzio e i suoi uomini non abbandonano la città.

24 dicembre         L'esercito italiano interviene a Fiume per allontanare i legionari dannunziani.

1921

15 maggio          Le elezioni politiche ottengono come risultato un notevole spostamento a destra e l'elezione di alcuni deputati fascisti, iscritti nelle liste dei "blocchi nazionali".

                        Si moltiplicano le violenze delle squadriglie fasciste.

3 agosto         Mussolini e i socialisti firmano un "patto di pacificazione", che non viene accettato dai fasci rurali che continuano le azioni violente.

novembre         Il movimento si trasforma in partito fascista (PFN)

1922

maggio         Le violenze squadriste s'intensificano in special modo nell'Emilia Romagna.

31 luglio         Lo sciopero generale di protesta contro le violenze fasciste proclamato dai partiti della sinistra fallisce a causa degli incidenti provocati dalle camicie nere.

28 ottobre         Marcia su Roma, il re non firma lo stato d'assedio.

29 ottobre         Il re invita telegraficamente Mussolini alla guida del governo.

1923

14 gennaio         Nasce la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, nella quale si arruolano molti squadristi.

18 novembre         Viene approvata la nuova legge elettorale maggioritaria.

1924

6 Aprile         Alle elezioni politiche generali la lista fascista ottiene il 64% dei voti.

30 maggio         Matteotti, segretario del PSU, denuncia alla Camera le violenze e le illegalità compiute dai fascisti durante la          campagna elettorale e nel corso delle consultazioni.

10 giugno         Matteotti viene rapito ed assassinato dalle camicie nere. Le opposizioni si astengono dai lavori della Camera (Aventino) affinché il re dimetta Mussolini.

luglio            Vengono promulgate le leggi contro la libertà di stampa.

1925

3 gennaio         Mussolini rivendica la responsabilità del delitto Matteotti.

20 luglio         Nuove violenze fasciste: viene gravemente percosso Giovanni Amendola.

2 ottobre         I sindacati fascisti vengono riconosciuti come gli unici rappresentanti dei lavoratori.

24 dicembre         Le "leggi fascistissime" modificano lo Statuto Albertino: è la fine dello stato liberale.

1926

                novembre Vengono soppressi i giornali non fascisti, sciolti i partiti e annullati tutti i passaporti.

1929

11 febbraio         I Patti Lateranensi sanciscono l'accordo tra il Vaticano e lo Stato Italiano.

1932

                17 dicembre Per partecipare ai concorsi pubblici è richiesta l'iscrizione al partito fascista.

1934

giugno          L'Albania firma un accordo con l'Italia, dopo pressioni militari, per una collaborazione economica e militare.

1935

3 ottobre         Inizia l'invasione dell'Etiopia.

                  18 novembre La Società delle nazioni applica sanzioni economiche nei confronti dell'Italia. Inizia il periodo dell'autarchia.

1936

23 ottobre         Hitler e Mussolini firmano un'accordo.

1938

3 agosto         Le leggi razziali, ispirate a quelle naziste, entrano in vigore ed inizia la persecuzione contro gli Ebrei.

1939

22 maggio         Viene firmato il "patto d'acciaio" che sancisce l'alleanza militare tra Germania e Italia.

1940

10 giugno         L'Italia entra in guerra.

 

 

5.3. Dalla repubblica di Weimar alla dittatura nazista.

         La repubblica di Weimar nacque senza avere le forze necessarie per affrontare la terribile crisi che stava colpendo la società tedesca dopo la fine della prima guerra mondiale.

         La difficile situazione era creata da molteplici cause, tra cui il problema delle ingenti somme da versare ai vincitori come riparazioni di guerra; l'economia tedesca non riuscì a reggere il peso delle richieste degli alleati cosicché si provocò un processo d'inflazione che ridusse enormemente il valore del marco, tagliò drasticamente il potere d'acquisto dei salari gettando la classe operaia e quella medio-artigianale nella miseria e nella disoccupazione. “All’inizio di ottobre 1923 un litro di latte costa 5,4 milioni di marchi; l’affrancatura di una lettera ammonta a 2 milioni di marchi. Alla fine di novembre il litro di latte costa già 360 miliardi di marchi [...]. Salari e stipendi vengono pagati settimanalmente; nel giorno di paga ecco i destinatari presentarsi agli uffici pagatori con le ceste da bucato, per correre poi a fare acquisti di generi alimentari o di vestiario prima che sopravvenga un’altra ondata inflazionistica a togliere valore al denaro ricevuto”.[60] Gli unici che seppero avvantaggiarsi in queste contingenze furono gli speculatori e i grandi industriali che riuscirono ad arricchirsi giocando in borsa.

         Da un punto di vista politico la repubblica era minacciata sia da sinistra che da destra. Le forze comuniste, guidate dalla Lega di Spartaco, erano decise a trasformare il paese in una repubblica di tipo sovietico; i loro capi, tra cui Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, intendevano instaurare un vero regime comunista: infatti avevano notato le devianze dalla teoria marxista che erano avvenute in Russia ed erano decisi ad evitarle.

         L'esasperazione della situazione economica delle classi lavoratrici portò all'insurrezione armata, scoppiata a Berlino nel gennaio 1919, che fu sedata nel sangue. Il governo chiese aiuto all'esercito, ma lasciò che i corpi franchi (= organizzazioni paramilitari a carattere nazionalistico composte da reduci della guerra che non riuscirono a reinserirsi della società) agissero indisturbati compiendo numerosi assassinii politici, tra i quali bisogna ricordare quello della Luxemburg e di Liebknecht.

         Le classi agiate invece avversavano fortemente la repubblica cercando in ogni modo d'impedire il consolidarsi delle istituzioni democratiche, esse vedevano nel nuovo ordine statale la possibilità di perdere potere.

         L'ascesa di Hitler e del partito nazionalsocialista fu possibile solo grazie all'appoggio di questa classe, furono gli industriali tedeschi che premettero affinché Hitler divenisse cancelliere della repubblica di Weimar.       

         La crisi conseguente al crollo della borsa di Wall Street (1929) aggravò ulteriormente la disastrosa situazione economica tedesca e la destra conservatrice vide in Hitler colui che, instaurando un nuovo regime autoritario, potesse difendere i loro interessi eliminando una volta per tutte ogni forma di protesta sociale e sindacale. La destra pensò di poter guidare il leader del nazionalsocialismo, strumentalizzandolo affinché restaurasse l'ordine precedente; ma commise un grosso errore di valutazione; infatti fu Hitler che si servì del loro appoggio per instaurare un dominio personale dispotico.

         Hitler si era assicurato le simpatie di tutti i nazionalisti tedeschi, egli, dopo il fallito tentativo del Putsch di Monaco, aveva rivisto la propria linea politica e, abbandonando i tentativi rivoluzionari, si era innalzato al ruolo di paladino, difensore del popolo tedesco ed aveva messo alla base del proprio programma il mito della superiorità della razza ariana; così facendo riuscì ad accattivarsi le simpatie dei tedeschi che si sentivano offesi e disonorati dalle clausole del Trattato di Versailles.

         Una volta nominato cancelliere, Hitler seppe utilizzare a proprio favore il potere e dopo l'incendio del Reichstag (la sede del parlamento), di cui furono accusati i comunisti ma che in realtà fu appiccato dai suoi uomini, proclamò lo stato d'emergenza che, secondo lo statuto della repubblica di Weimar, gli permise di sospendere le libertà politiche e civili: potè così eliminare le forze comuniste, e mettere sotto controllo statale la stampa e tutti i partiti politici.

         La dittatura nazista si rafforzò grazie all'uso di alcuni strumenti: il primo fu il terrore poliziesco che invase tutta la Germania; il secondo fu l'azione di propaganda, in quanto il regime seppe utilizzare a proprio favore ogni mezzo (la stampa, la radio, il cinema e l'arte) per diffondere in maniera martellante il proprio credo; il terzo strumento utilizzato dai nazisti per consolidare il proprio potere fu l'inquadramento di tutti i cittadini attivi nelle organizzazioni del partito, soprattutto grazie ad una forte azione pedagogica rivolta alle giovani generazioni.

 

 

I FATTI

1918

                9 novembre Proclamazione della repubblica tedesca in seguito all'abdicazione di Guglielmo II e di tutti i principi.

11 novembre         Capitolazione della Germania.

1919

18 gennaio         Apertura della conferenza di pace a Parigi.

gennaio-maggio         Rivoluzione comunista a Berlino soffocata nel sangue.

                11 agosto Costituzione della Repubblica di Weimar in forma federale; il presidente ha vasti poteri, tra i quali quello di sospendere, in caso di emergenza, le libertà civili.

1920           Hitler espone per la prima volta il proprio programma e trasforma ad aprile il Partito dei lavoratori tedeschi nel "Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori".

1923

                8 novembre Putsch di Monaco; Hitler e Ludendorff cercano di impadronirsi del potere a Monaco. Il governo, con l'appoggio dell'esercito li reprime.

1924

Hitler viene condannato a cinque anni di carcere, la sua prigionia durerà solo un anno nel quale scriverà il Mein Kampf che contiene il suo programma politico.

1929           Grave crisi economica; Hitler sfrutta il malcontento generale

1933

               4 gennaio Hitler si accorda con Von Papen per un governo di coalizione: Hitler viene nominato cancelliere dal presidente Hindeburg .

               28 febbraio Incendio del Reichstag, i nazisti incolpano ingiustamente i comunisti. Vengono di conseguenza varate leggi che limitano la libertà dei cittadini.

23 marzo         Il Reichstag attribuisce i pieni poteri ad Hitler.

7 aprile         Nasce la Gestapo.

giugno          Viene attivato il primo campo di concentramento a Dachau.

1934

               30 giugno Le SS sterminano le SA nella notte dei "lunghi coltelli", così Hitler riesce a stabilire un'unità di vedute nel partito eliminando gli oppositori interni.

2 agosto         Alla morte del presidente Hindenburg Hitler diviene capo assoluto dello stato.

1935

13 gennaio         La Saar torna alla Germania grazie ad un plebiscito.

               15 settembre Hitler mette in atto con le "leggi di Norimberga" le idee antisemite che aveva espresso nel programma del Mein Kampf. Gli ebrei vengono privati dei diritti civili e politici.

1936

7 marzo         I militari tedeschi occupano la Renania.

1938

13 marzo               Un plebiscito annette l'Austria al Terzo Reich.

                        9-10 novembre La "notte dei cristalli" segna la maggiore manovra antisemita prima dell'inizio della seconda guerra mondiale.

 

 

5.4. La dittatura franchista in Spagna.

         In Spagna la pressione delle forze popolari, che richiedono tra l'altro una riforma agraria, spaventa le classi agiate e in special modo il re Alfonso XIII che nel 1923 favorisce la costituzione di un direttorio militare (una dittatura) del generale Miguel Primo De Rivera. La situazione sociale comunque non migliora e il re si sbarazza nel 1930 del dittatore e torna alla legalità costituzionale indicendo delle elezioni: il successo dei partiti repubblicani, alle consultazioni del 1931, costringe il re ad abdicare e ad allontanarsi dalla Spagna.

         Viene proclamata la nuova repubblica che tenta una razionalizzazione e una sistemazione della calda situazione sociale spagnola: viene promossa una socializzazione dei latifondi, i beni della corona sono espropriati, la Chiesa e lo stato vengono separati, le forze armate epurate, espulsi i Gesuiti e laicizzato l'insegnamento. Viene promulgata una riforma che intende trasformare l'aspetto dello stato da accentrato a decentrato, dando potere alle regioni (particolarmente alla Catalogna, alla Galizia e alle minoranze basche).

         Le misure riformatrici sono condotte in maniera disordinata e non risolutrice, per questo larga parte della popolazione continua a sentire l'esigenza di un diverso ordinamento sociale; anche la Chiesa si mostra ostile alla repubblica.

         Nel 1933 José Primo de Rivera (il figlio dell’ex dittatore) fonda, ad imitazione dei fasci di combattimento italiani, un movimento nazionalista e di estrema destra, la Falange Española; nelle elezioni del 1933 le forze di destra tornano al potere.

         La matrice reazionaria del nuovo governo porta alle sollevazione dei minatori, alla promulgazione di molti scioperi e tumulti, che vengono repressi nel sangue dall'esercito guidato dal Generale Francisco Franco.

         La sconfitta subita dalle forze democratiche, porta alla nascita del Fronte popolare delle sinistre, che ottiene alle elezioni del 1936 un grosso successo.

         I disordini non finiscono e dopo l'uccisione del leader parlamentare delle destre Sotelo si scatena la guerra civile; dal Marocco si muove la guarnigione guidata dal generale Franco, innalzatosi a difensore dei valori e della religione. Il presidente Caballero, di fronte all'avanzata di Franco, non fidandosi dell'esercito, distribuisce le armi al popolo.

         La guerra civile si protrae fino al marzo 1939, quando le forze di destra aiutate dai militari italiani e da mezzi (aerei, carri armati, armi) tedeschi, nonostante l'esistenza di un patto internazionale di non intervento, conquistano Madrid. In aiuto dei democratici erano accorsi volontari da tutto il mondo, ma la loro forza e la loro grande convinzione di lottare per il bene dovette scontrarsi contro eserciti ben organizzati e dotati di armi tecnologicamente avanzate.

         La vittoria di Franco porta alla nascita di un altra dittatura di destra in Europa, fondata sull'appoggio della burocrazia, del clero, dell'esercito e dei proprietari terrieri.

 

 

I FATTI

1916           Agitazioni sociali coinvolgono tutto il territorio spagnolo.

1923

                13 settembre Il re favorisce, di fronte alle pressioni popolari che non riesce a controllare, la nascita della dittatura di Miguel Primo de Rivera.

1930

                28 gennaio Primo de Rivera si dimette, costretto dalle opposizioni, e lascia il potere al generale Berenguer.

1931

14 febbraio         Berenguer si dimette.

12 aprile         I deputati repubblicani ottengono un grande successo alle elezioni.

14 aprile         Viene allontanato il re e proclamata la repubblica.

1933

29 ottobre         Nascita della Falange spagnola.

               19 novembre Alle elezioni la coalizione repubblicano-socialista viene duramente sconfitta: tornano al potere le destre.

1934

                31 marzo Viene stretto un patto segreto tra la Falange e Mussolini, che promette aiuti nella lotta contro il regime repubblicano.

1936

16 febbraio         I repubblicani di sinistra vincono le elezioni e formano un nuovo governo.

13 luglio         Viene assassinato il leader di destra Sotelo.

18 luglio         Insurrezioni in Siviglia, Cadice, Granada: inizio della guerra civile.

9 settembre         Gli stati europei fondano un "comitato di non intervento".

29 settembre         Franco viene nominato capo del governo degli insorti.

6 novembre         Assedio di Madrid.

1937

26 aprile         Bombardamento di Guernica (prova delle potenzialità dei mezzi aerei nazisti).

1 luglio         Il governo di Franco ottiene l'appoggio dei vescovi spagnoli (riconosciuto dal Vaticano).

1938

                   24 luglio Inizia la battaglia dell'Ebro, che segnerà la sconfitta definitiva delle forze democratiche coadiuvate dalle brigate internazionali.

1939

26 gennaio         Occupazione di Barcellona.

28 marzo         Conquista di Madrid.

1° aprile         Fine della guerra civile e inizio della dittatura franchista.

 

 

5.5. La diffusione in Europa dei fascismi.

         In Europa nel corso degli anni trenta emergono molteplici movimenti che si rifanno alle dittature fascista e nazista; i motivi che spingono verso questa tendenza politica sono diversi: in primo luogo la Grande Crisi del '29 si fa sentire a livello sia economico che sociale, in secondo luogo gran parte della popolazione - proprio come in Italia - è spaventata dalla possibilità che anche nel proprio paese possa scoppiare una rivoluzione bolscevica che porti ad uno sconvolgimento socio-economico.

         Questi regimi non riescono però ad affermarsi con forza e a tramutarsi in stati totalitari, nella maggior parte dei casi instaurano un governo reazionario di matrice autoritaria: aumentando i poteri della gerarchia militare e dei rappresentanti reali, esautorano il parlamento, senza rivoluzionare il sistema legislativo. L'appoggio a questi movimenti viene dalla piccola e media borghesia, la classe che maggiormente teme l'avanzata del proletariato (soprattutto agricolo) da un punto di vista economico e sociale.

 

 

Regimi autoritari d'ideologia fascista si possono trovare in:

¨         Polonia: nel 1926 il generale Pilsudski compie un colpo di stato ed instaura un regime anticomunista e antisovietico. In questa nazione i proprietari terrieri si sentono minacciati di fronte alla forte avanzata del movimento contadino.

¨         Portogallo: tra il 1928 e il 1933 il professor Salazar impone un governo autoritario accentrando nella sua persona tutti i poteri esecutivi appoggiandosi al clero.

¨         Lituania

¨         Bulgaria

¨         Ungheria: l'ammiraglio Horty, grazie all'appoggio del governo fascista italiano, instaura dal 1927 una dittatura personale

¨         Grecia: le debolezze della monarchia e dei governi di coalizione portano all'ascesa, nel 1936, del generale Metaxas.

¨         Austria: Dolfuss, cancelliere dal 1932, nel tentativo di difendere i propri confini dalle mire naziste, instaura un regime autoritario: congeda il parlamento e ricerca l'appoggio di Mussolini. Viene assassinato nel 1934 da sicari pagati da Hitler.


 

 

6. CONCLUSIONI

 

 

6.1. Contro ogni libertà responsabile.

         Il regime totalitario pretende la completa adesione di tutti i cittadini; un'adesione che va oltre il semplice favore, ogni abitante deve essere a completa disposizione del potere politico, persino la sua vita deve essere sacrificata per il movimento.

         La cieca obbedienza è l'unica virtù che il popolo deve avere, ogni uomo si deve trasformare in una sorta di macchina che risponde ai comandi, un robot, un automa: un essere senza anima e senza nessuna libertà. L'obbedienza deve essere totale, completa, non ci può essere neppure un instante di esitazione prima di eseguire un comando: persino quello che porta alla propria morte.

         Abbiamo visto come quest'obbiettivo del totalitarismo si sia realizzato completamente solo nei campi di concentramento - laboratori di esperimenti che si sarebbero dovuti ripetere in grande su tutta la società - e non si sia diffuso nel Paese.[61]

         La vita nei Paesi totalitari, comunque, è estremamente limitata: il singolo non ha alcuna possibilità di esprimersi nella sua personalità e l'iniziativa privata è considerata dannosa, contraria al regime che vuole inglobare tutto in sé. Ogni istante è regolato, non c'è momento della giornata lasciato alla libera iniziativa: le attività sportive, i giochi e il tempo libero sono anch'essi sotto il diretto controllo del partito-stato.

         Il cittadino non ha possibilità di fare le proprie scelte. Nell'Unione Sovietica e nei Paesi satelliti, per esempio, i giovani venivano prelevati dalle famiglie, portati in centri-collegio dove si dovevano impegnare anima e corpo per realizzare il progetto di vita che lo stato aveva fatto su di loro: atleti, scienziati, musicisti venivano formati in queste scuole con una durissima disciplina nella quali ogni momento era dedicato allo studio o all'allenamento.

         Un'altra caratteristica della vita nei regimi totalitari è il completo isolamento di ogni persona; non ci sono veri contatti personali perché - come abbiamo più volte ricordato - ogni conoscenza, ogni incontro può diventare estremamente pericoloso per la propria sopravvivenza, perciò tutti cercano di limitare al massimo i contatti con il prossimo.

         La vita stessa è continuamente in pericolo perché il singolo non sa mai quale categoria di cittadini il governo vuole colpire (eliminandola, internandola nei campi di concentramento).

         L'unica forma di lavoro possibile in un regime totalitario è quella coatta, in quanto in pratica ogni lavoratore viene obbligato, costretto a fare un determinato lavoro in un determinato luogo, non ha la possibilità di cambiarlo secondo la propria volontà, non può cercarne uno diverso o discuterne il contratto.

         La stampa, il cinema, il teatro ed ogni altra espressione artistica sono -se non un'emanazione diretta del governo - comunque sotto lo stretto controllo del regime; le voci dissidenti vengono represse duramente: i loro autori vengono internati in ospedali psichiatrici o uccisi; i più fortunati sono quelli che riescono a fuggire e a continuare a descrivere le barbarie del regime da un altro Paese.

Ogni forma di libertà viene negata, il cittadino non ha il diritto di fare nulla, neppure respirare, se questo non è concesso dal regime.

 

 

6.2. Una resistenza "continua" nei confronti del totalitarismo.

         I regimi totalitari per gli europei sono solo un ricordo: sono passati più di cinquant'anni dalla fine del Terzo Reich e della dittatura fascista, il muro di Berlino è stato abbattuto nel 1989, l'Unione Sovietica non esiste più. Allora perché dovremmo occuparci ancora del "rischio totalitario"?

          Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, vi è una stretta corrispondenza tra le aspirazioni di gran parte della popolazione e le promesse di salvezza, di miglioramento e di coerenza nei fatti proposte dall'ideologia totalitaria; è la mente dell'uomo che di fronte all'inspiegabilità degli accadimenti cerca rifugio in un sistema compatto di certezze che possano chiarire tutti gli aspetti dell'esistenza.

         Nella vita non ci sono certezze, punti fermi assoluti; molto spesso le cose accadono semplicemente perché accadono, di conseguenza dobbiamo aprire la nostra mente alla realtà, guardare con i nostri occhi, ascoltare con le nostre orecchie. L'attenzione rivolta verso tutto ciò che ci circonda, anche verso quello che non ci interessa, può essere fondamentale per mantenere la nostra libertà.

         Per raggiungere questa attenzione continua è fondamentale istruirsi, formarsi in modo da poter veramente pensare con la propria mente e non farsi influenzare dagli altri, o, molto peggio, da un'ideologia che pretende di comprendere in sé tutti gli aspetti dell'universo.

         L'ideologia totalitaria, che il partito rappresenta, divide tutti gli aspetti della realtà in maniera drastica, in modo da farne una caricatura semplificata che può essere compresa da tutti; al contrario nel mondo non esistono solo due colori il bianco (la luce) e il nero (le tenebre, il male), ma infinite sfumature di colori. Ogni visione manichea di ciò che ci circonda porta all'intolleranza e al non accettare la varietà della vita.

         Per questo ognuno di noi deve poter manifestare la propria personalità con il pensiero, con l'arte affinché il mondo venga invaso da milioni di colori, appartenga a persone che vivono la vita e non hanno paura di fare le proprie scelte - anche e soprattutto nell'ambito politico - delegando altri ad esprimersi per noi.

         La partecipazione continua alla vita della nostra città, della nostra nazione e del mondo è l'unico antidoto che ognuno di noi possiede contro tutte le forme di dispotismo.

         Noi ora conosciamo tutte le brutalità dell' "esperimento totalitario" di dominio assoluto dell'uomo e del mondo; sappiamo come scrive Hannah Harendt che “improvvisamente si scopre che quanto per millenni la fantasia aveva relegato in un regno al di là della competenza umana può esser realmente prodotto qui sulla terra, che l'inferno e il purgatorio, e persino un riflesso della loro durata eterna, possono essere instaurati coi più moderni metodi di distruzione e terapia”.[62]

         Non dobbiamo pensare che una volta scomparsi Hitler, Mussolini, Stalin o Franco l'emergenza totalitaria sia conclusa una volta per tutte: l'uomo ha sempre aspirato ad ottenere un dominio totale su ogni altro essere umano.

         Al giorno d'oggi si possono vedere rischi totalitari nel sistema economico-lavorativo: quando l'azienda pretende che il lavoratore sia tutto per sé, quando le richieste di fare ore di straordinario sono continue e quotidianamente l'orario di lavoro si dilata fino a dieci o più ore (in un momento in cui la disoccupazione sta crescendo in maniera esponenziale) o quando la proprietà obbliga per contratto a trasferimenti lunghi ed anche economicamente svantaggiosi per il lavoratore, quando le fabbriche vengono chiuse solo perché farne delle nuove in altre zone porta danaro (incentivi pubblici) nelle tasche dell'imprenditore.

         Ogni volta che qualcuno ci vuole imporre una scelta (attraverso i media o nei rapporti quotidiani) dobbiamo accendere il cervello e ben valutarla per non cadere nella spirale dell'obbedienza cieca, anticamera del totalitarismo.

         La nostra libertà è soprattutto quella di poter decidere come comportarci e il limite di essa è la libertà del nostro prossimo; il rispetto e la tolleranza verso le scelte dell'altro. Noi stessi non dobbiamo pretendere di decidere qualcosa per gli altri, e se non siamo d'accordo con alcune scelte l'unico modo per valutarne la validità è il confronto, il dialogo con l'altro in modo che entrambi possiamo esprimere il nostro punto di vista, e comprendere quello dell'interlocutore.

         L'espressione delle nostre opinioni, il dialogo, il confronto tra posizioni differenti e la libera scelta sono le caratteristiche fondamentali di una società libera, il nostro compito è quello di utilizzarle continuamente in modo di esercitare una "resistenza" quotidiana contro ogni rischio totalitario, piccolo (le prepotenze dei nostri vicini) o grande (la volontà di dominare il mondo) che sia.

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BIBLIOGRAFIA

 

 

AA.VV.          La società contemporanea Vol.I, Utet, Torino, 1987;

Arendt H.         Le origini del totalitarismo, Ed. di Comunità, Milano, 1996 (1951);

Candeloro G.         Storia dell'Italia moderna Vol. VIII, Feltrinelli, Milano, 1989 (1978);

Chabod F.         L'Italia contemporanea, Einaudi, Torino, 1994 (1961)

David C.         Hitler e il nazismo, Tascabili economici newton, Roma ,1994;

Desideri A.         Storia e storiografia Vol. III, G. D'Anna, Firenze 1990;

Gaeta F.         Democrazie e totalitarismi dalla prima alla seconda guerra mondiale, Il mulino, Bologna, 1982;

Hobsbawn E. J. Il secolo breve, Rizzoli, Milano, 1995;

Koyrè A.         Riflessioni sulla menzogna politica, De Martinis &          C., Catania, 1994;

Paris R.         Le origini del fascismo, Mursia, Milano, 1970;

Schulze H.         La repubblica di Weimar, Il Mulino, Bologna, 1987;

Sternhell Z.         Nascita dell'ideologia fascista, Baldini&Castoldi, Milano, 1989;

Welter G.         Storia della Russia, Cappelli, s.l., 1961.

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Postfazione

di Raffaele Paolo Coluccia

 

 

Senza retorica, contro ogni tipo di totalitarismo

         Lorenzo Cattoni ha 27 anni, ha conseguito la laurea in Filosofia -indirizzo pedagogico- presso l'Università degli Studi di Milano, con una tesi sulla “Concezione educativa di Carlo Cattaneo” ed attualmente frequenta un corso di perfezionamento in materie filosofiche e storiche presso l’Università Luigi Bocconi di Milano.

         La ricerca da lui compiuta, su incarico dell’Istituto Pedagogico della Resistenza, risponde all’esigenza di fornire ai lettori, in particolar modo agli studenti di scuola media superiore, un agevole e sintetico strumento di indagine sulle cause che hanno portato all’affermarsi dei regimi autoritari nel Novecento, al fine di contribuire a scongiurare il loro ritorno sotto forme più edulcorate ed opprimenti.

         Lo stile sintetico e la chiarezza espositiva permettono di raggiungere anche i giovani lettori, già affaticati da molti impegni ed interessi, i quali potranno apprendere senza difficoltà i contenuti salienti di complessi fenomeni storici.

         L’Istituto e l’Autore, mossi da un serio intento scientifico e divulgativo, non si sono accontentati di esaminare soltanto i regimi fascisti e quello nazista, ma hanno voluto capire anche la degenerazione dello stalinismo.

         Il coraggioso rigore scientifico che ispira questo e gli altri Quaderni della collana consente di suscitare tra i lettori un dibattito costruttivo e coinvolgente, teso ad attualizzare le conquiste libertarie operate dalla Resistenza al nazifascismo, a prevenire il ritorno delle dittature, nonché a promuovere il pluralismo e la democrazia, quali migliori strumenti per il perseguimento del bene comune e per la piena realizzazione della persona umana.

         Le riflessioni che i lettori vorranno cortesemente far pervenire (ed esporre nei dibattiti promossi dall’Istituto) costituiranno un contributo importante per la promozione democratica e saranno pubblicati sulla nostra rivista.

         Oltre agli autori dei Quaderni, un ringraziamento per la preziosa collaborazione è dovuto agli altri membri del Comitato scientifico-editoriale, professori: Mariella Bucceri, Massimo Camocardi, Gerardo Casanova, Giovanni Corallo, Elena Ferrazzo, Maria Ferrucci, Silvia Melocchi, Teresa Memo, Antonia Anna Milano, Francesca Mori, Ornella Nava, M. Antonella Olgiati, Anna Maria Polettini, Roberto Ramoscelli, Ferdinando Sabatino, Clara Savidi, Andrea Zanardo. Si ringraziano inoltre: il Consiglio Direttivo ed il Presidente dell’I.D.P.R. Orazio Pizzigoni, per aver promosso e sostenuto l’iniziativa dei Quaderni, il prof. Iliano Geminiani per gli utili consigli editoriali e l’amministratore dell’I.D.P.R. Pietro Vecchio per la sua disponibilità.

 

Milano, 25 aprile 1998

Raffaele Coluccia

Direttore dell’I.D.P.R.

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Istituto Didattico Pedagogico della Resistenza

Nuova   bine   editore    Milano


 

NOTE

[1]Si analizzerà la situazione in Europa dal 1920 al 1939.

[2]Rielaborato da: C.J. FRIEDRICK-Z.K. BRZESINKI, Totalitarian Dictatorship and Autocracy, New York, Praeger, 1966

[3]N.ABBAGNANO, Dizionario di filosofia, voce "Totalitarismo", pag. 880, ed. TEA, Milano, 1993

[4]G. PASQUINO, "I sistemi politici contemporanei" in AA.VV, La società contemporanea, vol. I, pag. 627, UTET, Torino, 1987

[5]Ivi, pag. 629

[6]H. Arendt, Il totalitarismo, pag. 424

[7]G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. VIII, Universale Economica Feltrinelli, 1989, pp. 352-353

[8]Ibidem, pag. 346

[9]Su questa tematica prendiamo atto dell'attenta ricerca di H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cui facciamo qui riferimento.

[10]H. Arendt, Il totalitarismo, pag. 435

[11]Ivi, pp. 435-436

[12]Ivi, pag. 437

[13]Ivi, pp. 440-441

[14]Ivi, pag. 441

[15]É interessante notare che sia nella Germania nazista che nella Russia stalinista i nemici si sono moltiplicati in continuazione, non appena ne veniva sconfitto un gruppo ne appariva immediatamente un altro che congiurava contro la rivoluzione.

[16]L. PELLICANI, "I Soggetti del Totalitarismo" pag. 708

[17]H. ARENDT, Le origini del Totalitarismo, pag. 522

[18]H. ARENDT, op. cit., pag. 505

[19]Ivi, pag. 507

[20]H. ARENDT, Le origini del Totalitarismo, pp. 516-517

[21]Ivi, pag. 516

[22]L. PELLICANI, "I Soggetti del Totalitarismo", pag. 712

[23]L. PELLICANI, "I soggetti del totalitarismo", pag. 719

[24]H. ARENDT, Le origini del Totalitarismo, pag. 488

[25]L. PELLICANI, op. cit., pag. 723

[26]H. ARENDT, op. cit., pag. 589

[27]L. PELLICANI, op. cit., pag. 722

[28] Ivi, pag. 721

[29]H. ARENDT, op. cit., pag. 585

[30]Ivi, pag. 595

[31]Basti qui ricordare che Troskij, dopo essere stato allontanato dall'Unione Sovietica e considerato un nemico del popolo, fu anche cancellato dalle foto che lo ritraevano, nel corso di comizi popolari, a fianco di Stalin.

[32]H. ARENDT, op. cit., pag. 583

[33]Ivi, pag. 588

[34]L. PELLICANI, op. cit., pag. 715

[35]Ivi, pag. 717

[36]H. ARENDT, op. cit., pag. 599

[37]Ibidem

[38]Ivi, pag. 623

[39]Ivi, pag. 623

[40]Ivi, pag. 607

[41]É interessante notare che l'organo di stampa ufficiale sovietico si chiamava Pravda, il cui significato è "Verità".

[42]A. KOYRÉ, Riflessioni sulla menzogna politica, De Martinis & C., Catania, 1994, pag. 15

[43]Ivi, pag. 21

[44] Ivi, pag. 17

[45]Ivi, pag. 31

[46]Ivi, pag. 39

[47]Ivi, pag. 36

[48]Si prende qui atto dell’analisi condotta dalla Arendt nell’opera citata Le origini del totalitarismo, che considera l’instaurarsi del regime totalitario in Russia solo a partire dalla presa del potere da parte di Stalin.

[49]Cfr. A. DESIDERI, Storia e storiografia, vol. III, Firenze, G. D’Anna, 1989, p. 468.

[50]M. LEWIN, Storia sociale dello stalinismo, Torino, Einaudi, 1988

[51]La città di Fiume era stata occupata da gruppi nazionalisti - guidati dal poeta D'Annunzio - che rivendicavano la sovranità italiana sulla città, protestando contro l'ordine geografico sancito dal trattato di Versailles.

[52]G. CANDELORO, Storia dell'Italia moderna, Vol. VIII, Feltrinelli, Milano, 1989 (1978), pag. 343

[53]F. CHABOD, L'Italia contemporanea, Einaudi, Torino, 1994 (1961), pp. 54-56

[54]Mussolini nell'ottobre del 1922 ordinò ai suoi seguaci di marciare su Roma. Il presidente del consiglio Facta decise di fronteggiare la situazione, si recò dal re con un decreto che proclamava lo stato d'assedio. Vittorio Emanuele non lo firmò, e il 29 ottobre inviò un telegramma a Mussolini (che era a Milano) invitandolo a formare un nuovo governo.

[55]La legge Acerbo stabiliva che due terzi dei seggi sarebbero stati assegnati al partito che avesse ottenuto più voti, anche senza aver raggiunto la maggioranza assoluta.

[56]F. CHABOD, Op. cit., pag. 63

[57]Ivi, pag. 64

[58]Ivi, pag. 65

[59]Ivi, pp. 65-66

[60]H. SCHULZE, La repubblica di Weimar, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 45

[61]Il totalitarismo completo non è stato diffuso a macchia d'olio sull'intera nazione per cause non inerenti alla volontà del movimento, che infatti avrebbe voluto il dominio totale e incondizionato su tutti gli abitanti della terra. Furono la reazione dei Paesi democratici, il fallimento dell'economia comunista, la resistenza delle voci dissidenti che sconfissero questi movimenti prima che essi riuscissero ad impadronirsi totalmente di tutto e tutti. Nonostante ciò riuscirono ad uccidere milioni di persone senza alcun motivo reale.

[62]H. ARENDT, op. cit., pag. 611